Cosa succede nelle scuole a seguito della Legge 266/2005 (Finanziaria per il 2006) che ha abolito le indennità di trasferta e missione? Risponde Giorgio Corà presidente dell’Associazione delle Scuole del Veneto (ASAV), con una nota esauriente e perfettamente condivisibile.
In allegato la normativa.
Il comma 213 della Finanziaria 2006 sopprime le indennità di trasferta per tutto il personale dello Stato.
E’ una novità di non poco conto.
A molti non sfuggirà che per quanto riguarda la Scuola italiana si tratta della definizione formale di uno stato di fatto vigente in sostanza già da non pochi anni: il continuo dimezzamento del finanziamento statale per il funzionamento amministrativo e didattico aveva già portato le scuole a non far più conto del contributo statale per la rifusione delle spese sostenute dagli insegnanti in accompagnamento di studenti in visite guidate e viaggi di istruzione (ma anche scambi culturali) effettuati al di fuori del comune di servizio.
Tuttavia la finanziaria 2006 non si limita ad escludere il finanziamento di trasferte e missioni: in realtà sopprime lo stesso istituto delle indennità di trasferta sul territorio nazionale, dichiara che giuridicamente non esistono più. E questo comporta interessanti conseguenze che dovranno essere attentamente valutate dai tecnici di settore, dagli specialisti delle organizzazioni sindacali, dagli esperti degli uffici dell’amministrazione centrale.
Vale comunque la pena di anticipare qualche veloce riflessione.
1. Visite guidate, viaggi di istruzione e scambi, stage naturalistici e archeologici, presenza in mostre e musei di richiamo nazionale e internazionale… insomma la mobilità del personale scolastico in connessione con l’allargamento dell’offerta curriculare costituisce una caratteristica della scuola italiana che intende rimanere in contatto forte con il territorio e con la sua potenza di innovazione: dunque è una caratteristica attualmente irrinunciabile. La soppressione imposta dalla finanziaria, da una parte cancella il carattere di straordinarietà della mobilità e quasi la rende una componente normale del servizio; dall’altra obbliga a rivedere il concetto di flessibilità del personale ed a recuperare il riconoscimento salariale dell’onerosità connessa alla mobilità all’interno della contrattazione integrativa d’istituto. Ciò significa, però, che l’istituzione scolastica nella sua autonomia dovrà essere in grado di farsi carico anche di questo, e non si potrà più escludere l’eventualità che il bilancio della scuola possa finanziare la mobilità del personale solo grazie a contributi provenienti da privati.
Indubbiamente una bella mossa da parte del legislatore per enfatizzare l’autonomia finanziaria delle scuole e per stimolarle, con l’urgenza del bisogno, a darsi da fare per recuperare fondi per mantenere lo stesso livello di standard formativo oppure per procedere ad una razionalizzazione drastica di fonti di spesa improduttive!
2. La soppressione delle indennità prevista dalla Finanziaria significa anche annullamento della validità delle tabelle in vigore per il loro calcolo orario e giornaliero e, dunque, fine dei limiti di retribuzione da quelle tabelle imposti e vigenti per tutte le scuole del territorio nazionale. Se la mobilità sarà fatta rientrare nell’ampio concetto di flessibilità (o di intensificazione) del servizio, da ora in poi sarà la contrattazione di istituto a determinare l’entità della retribuzione in caso di spostamenti e trasferte e, dunque, anche la spesa massimo per il rimborso. Su un settore importante dell’accessorio del personale si apre un amplissimo fronte di federalismo retributivo su cui le scuole dovranno certamente esercitarsi, magari cercando intese non soltanto comunali o provinciali per non produrre sperequazioni e difformità stridenti tra lavoratori che in sostanza vanno a compiere il medesimo servizio. In ogni caso, se il bilancio dell’istituzione scolastica dovrà fare riferimento anche su finanziamenti di privati per assicurare il riconoscimento retributivo della flessibilità legata alla mobilità, è difficile pensare che la parte pubblica, al tavolo di contrattazione, possa fare a meno di tener conto della posizione e del modo di vedere e di valutare dei finanziatori privati. Ciò apre a scenari particolarmente stimolanti, probabilmente problematici e forse talora anche forieri di conflittualità.
3. E’ evidente che Enti locali, associazioni di categoria, camere di commercio, enti fiera ecc. non faranno a gara nei prossimi mesi per surrogare lo Stato e proporsi come finanziatori privilegiati della flessibilità del personale della scuola connessa alla mobilità. Certo esistono alcune azioni importanti e significative (come, p. es., l’alternanza scuola lavoro e i progetti Leonardo) che prevedono la mobilità dei docenti a sostegno della didattica e che continueranno ad essere finanziati dall’Amministrazione Scolastica, da associazioni di categoria o da fondi Europei. Ma non ci si può nascondere che gli unici veri potenziali finanziatori privati di questa mobilità legislativamente da poco soppressa rimangono gli utenti della scuola, gli studenti e le loro famiglie. Mantenere la stessa offerta formativa comporterà un’ulteriore richiesta di appesantimento di spesa delle famiglie verso le istituzioni scolastiche ma anche un deciso aumento della responsabilità delle scuole nei confronti della qualità del servizio proposto alle famiglie. Diventerà anche più diretto il senso di dipendenza del servizio pubblico dai bisogni dei cittadini e dal loro modo di interpretare il diritto allo studio ed alla formazione costituzionalmente garantito.
Usando un po’ della retorica a basso costo, che in questi ultimi lustri spesso i decisori politici hanno impiegato quando si trattava di imporre tagli e restrizioni alla scuola statale o quando scaricavano sulle istituzioni scolastiche l’onere di far valere gli impegni che loro non riuscivano più a mantenere – si potrebbe dire che per le scuole si prepara una bella sfida, che le rafforzerà nella loro autonomia e nella loro capacità di corrispondere in modo sostanziale alle esigenze, sempre in veloce mutamento, del territorio, in una prospettiva di servizio formativo a livello europeo in grado di confrontarsi con le logiche del mercato globale. Più pacatamente occorre convincersi che solo grazie ad un associazionismo forte tra le istituzioni scolastiche sarà possibile, nel prossimo futuro, garantire all’utenza uno standard qualitativo condiviso ed apprezzato, nel concomitante necessario aumento della richiesta di contribuzione finanziaria per il servizio scolastico.
4. Infine un monito. Il comma 213 della Finanziaria 2006 si limita a sopprimere l’indennità di trasferta in Italia e non tocca in alcun modo quella per l’estero, come neppure l’indennità prevista per gli scambi culturali o quella che compete ai presidenti in trasferta negli esami di Stato conclusivi del corso di studi nella secondaria di secondo grado. Però la strada è aperta, ed è facile prefigurare futuri scenari (particolarmente critici dal punto finanziario per le scuole), in cui anche queste forme di riconoscimento retributivo – di un lavoro non ordinario da parte del personale della scuola – siano considerate dal legislatore non più attuali o sostenibili.
E’ evidente come sia sconveniente assumere un atteggiamento attendistico di fronte a questi futuri possibili e come invece occorra esercitare con perizia l’opportuna vigilanza, introducendo eventualmente i necessari correttivi a livello contrattuale, affinché la diminuzione della spesa corrente da parte dello Stato non si traduca senza meno in una forma più o meno mascherata di mancato riconoscimento retributivo dell’attività svolta dal lavoratore.