Sinceramente dispiace che le notizie riportate dalla stampa circa i presunti attacchi del Ministro Gelmini ai dirigenti scolastici confondano problemi diversi che è bene, invece, tenere distinti. C’è una fondamentale differenza tra chi utilizza i diversi e numerosi elementi del malessere che pervadono le scuole per fomentare la polemica politica o sindacale e chi, tenendo correttamente fede al proprio ruolo istituzionale, segnala la grave situazione di emergenza finanziaria che sta strangolando l’attività delle scuole e minando alla radice la stessa autonomia scolastica, nella legittima speranza che i decisori politici riescano a trovare le modalità più opportune per risolverla. Confondere i due livelli è un doppio errore: perché porta a deformare l’atteggiamento dei dirigenti che correttamente evidenziano un problema e perché può indurre gli stessi a non esporsi per non essere coinvolti nella polemica politica.
Il Ministro Gelmini non deve confondere tra le due modalità di affrontare il problema, né deve commettere l’errore (che già addebitammo al Ministro Fioroni, dopo una ben nota assemblea milanese) di ritenere che i dirigenti debbano imparare a risparmiare e ad utilizzare meglio le risorse loro assegnate e che l’emergenza finanziaria sia una montatura per attaccarla e metterla in difficoltà, soltanto perché qualcuno è interessato a strumentalizzare la situazione.
L’ANP per cultura e tradizione mira al merito dei problemi e non è adusa a caricarli di valenza politica, esponendosi per questo alle ricorrenti e strumentali accuse di essere troppo accondiscendente nei confronti del governo di turno. Ma non è alzando la voce o lanciando ultimatum che si favorisce la soluzione dei problemi e quindi anche nella presente situazione non intendiamo venir meno al nostro stile e alle nostre buone pratiche.
Il merito del problema è rappresentato dalla impossibilità per le scuole di garantire, con le risorse disponibili, il normale funzionamento del servizio. Quindi non parliamo di spese accessorie o di arricchimento dell’offerta formativa, ma di funzionamento ordinario. Se tanti istituti scolastici non hanno ancora dichiarato bancarotta è perché sopravvivono grazie ai trasferimenti (modesti) dagli enti locali e ai contributi volontari (sic!) delle famiglie.
L’ANP, sempre per stare al merito, ha accertato che dal 2001 al 2009 i trasferimenti ordinari dello Stato sono stati ridotti del 70%. Se fosse possibile analizzare l’andamento del livello dei contributi richiesti alle famiglie probabilmente scopriremmo che è inversamente proporzionale. Ma questa situazione sta diventando patologica, perché gli istituti del primo ciclo non potranno mai permettersi di chiedere contributi quali quelli richiesti da alcune scuole secondarie superiori e in alcune realtà, specialmente quelle più decentrate o deprivate, ormai si sta raschiando il fondo del barile.
La carenza di risorse (per altro vincolate per almeno il 90/95%) non consente di attivare iniziative e progetti, di acquistare il materiale necessario per il funzionamento amministrativo e per la didattica, di retribuire il personale supplente, di pagare le visite fiscali. La situazione di grave sofferenza che tanti dirigenti stanno denunciando sta nella progressiva paralisi delle attività, nella impossibilità di dare risposte al diritto all’apprendimento, di adempiere ai doveri di controllo, in una parola, nella impossibilità di assumersi le responsabilità dirigenziali che competono loro. Questo è il problema e nulla ha a che fare con la necessità di risparmiare, virtù che i dirigenti scolastici praticano da sempre.
Una seconda osservazione riguarda invece i cosiddetti “residui attivi” che le scuole vantano rispetto ai precedenti esercizi finanziari. Sappiamo tutti di che cosa stiamo parlando, come lo sa bene la Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio del MIUR alla quale abbiamo periodicamente presentato dettagliati rapporti e che attraverso i ripetuti monitoraggi ha esattamente registrato le condizioni di tutti gli istituti, evito pertanto di entrare nel dettaglio. Quello che preme sottolineare è la situazione assurda che la contabilità delle scuole evidenzia. I Programmi annuali degli istituti non sono realistici, calcolare tra le entrate i residui attivi porta a gonfiare artificiosamente i bilanci senza che esista alcuna garanzia di effettivo recupero dei residui in questione. Se, come qualcuno teme, si dovesse arrivare alla radiazione dei residui attivi la contabilità delle scuole cadrebbe come un castello di carte.
Questa è la situazione che i dirigenti stanno vivendo e che stanno anche tentando di segnalare. L’ANP in questi anni si è ripetutamente fatta interprete di questa emergenza, correttamente. Continuerà a farlo chiedendo al Ministro e al Capo dipartimento per la programmazione, non appena sarà insediato, che trovino soluzione al problema e ribadendo con tutta la fermezza necessaria che sottrarre alle scuole le risorse per sopravvivere è il modo più diretto per colpire l’autonomia scolastica, già messa a dura prova, e per compromettere l’efficienza del sistema pubblico di istruzione e formazione.