Semplificare le questioni complesse è in genere un esercizio utile: a condizione di non semplificare troppo.

Così, quando il Ministro dice che i fondi per le scuole ci sono e ne indica l’entità, non sarà male ricordare che:

     

     

  • 774 milioni di euro sono l’equivalente di 100 euro per alunno: non una cifra stratosferica, soprattutto dopo 4 anni di finanziamenti a zero. In aggiunta, si tratta di somme stanziate per l’intero anno 2011, ma solo in minima parte già pervenute agli istituti, per effetto dello sfasamento temporale fra il bilancio dello Stato (che viaggia ad anno solare) e le necessità di cassa delle scuole (che seguono l’anno scolastico);

     

     

  • è vero che il servizio scolastico di base (vale a dire il normale svolgimento delle lezioni previsto dagli ordinamenti) deve essere finanziato solo con fondi pubblici; ma non è scontato che quei fondi – oltre a rappresentare il livello minimo possibile di risorse – debbano rappresentare anche il tetto massimo;

     

     

  • i contributi volontari delle famiglie non costituiscono una violazione delle norme in vigore, ma l’applicazione di una previsione legislativa esistente da molti anni (e anche di recente ribadita dalla legge 40 del 2007). Se il Ministro ritiene che si tratti di una pratica da vietare, ha gli strumenti per modificare la legge; ma, fino a quel momento, non si vede come possa essere rimproverato ai dirigenti di farvi ricorso;

     

     

  • nel profilo professionale dei dirigenti delle scuole (ancora una legge) sta scritto che “promuovono gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio”. Cioè che buon dirigente è colui che sa attrarre in massimo grado risorse dal territorio (esplicitamente, anche risorse economiche), non colui che le respinge, a costo di privare i propri studenti di un livello qualificato di servizi.

 

 

Quanto alla circostanza che, non solo a Torino, ma “in tutta Italia” i presidi chiedono contributi alle famiglie, sarebbe forse utile chiedersi se questo non indichi che il problema esiste dappertutto, a prescindere dai contesti sociali e territoriali.

Ipotizzare invece un improbabile accordo fra diecimila presidi, di orientamenti diversi, per fare politica antigovernativa è una di quelle semplificazioni comunicative che non giovano a comprendere e che sarebbe meglio evitare.