Il 22 aprile scorso, il MIUR ha diffuso la nota prot. 5181 con cui trasmetteva la Circolare n. 2 del 17 febbraio 2014, emanata dal Dipartimento della Funzione Pubblica e ne riassumeva brevemente i contenuti.
In sintesi: per effettuare visite specialistiche, terapie ed esami diagnostici, non si poteva più ricorrere all’istituto dell’assenza per malattia, ma solo a quello dei permessi brevi o retribuiti, secondo le ordinarie previsioni dei contratti di ciascun comparto.
La nota MIUR era indirizzata a “tutti gli Uffici Centrali e Periferici del Ministero”. Ne hanno tratto spunto alcuni sindacati del comparto scuola per sostenere che le sue prescrizioni non erano operanti per il personale della scuola (docenti ed ATA).
Alcune settimane dopo (29 maggio), un comunicato ministeriale ha confermato che la nota non era indirizzata alle scuole: ciò che da parte sindacale è stato letto come la conferma che nulla era cambiato per quanto riguardava il regime delle assenze per visite specialistiche.
Si tratta in realtà di un caso di ambiguità comunicativa, che rende solo più evidente l’infortunio in cui era incorsa l’Amministrazione: l’errore della nota 5181 non stava nel suo contenuto, ma nell’indicazione dei destinatari. In quanto emanata dal Dipartimento per l’Organizzazione, essa si rivolgeva alla struttura ministeriale: mentre l’altro Dipartimento, quello per l’Istruzione, taceva e tace tuttora.
Questo non significa che niente sia cambiato, dato che la fonte del cambiamento non è la nota MIUR, ma semmai, a monte di essa, quella della Funzione Pubblica (indirizzata a tutte le “Amministrazioni Pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 del DLgs. 165/01”, compresi quindi “gli istituti e scuole di ogni ordine e grado”. Anzi, la vera fonte è di rango legislativo ed è l’art. 4, comma 16-bis, del Decreto legge n. 101 del 31 agosto 2013, poi convertito in legge n. 128.
Quella norma non entra nel dettaglio operativo (come fa la circolare della Funzione Pubblica), ma – attraverso il cambio di una singola parola nell’art. 55-septies, comma 5-ter, del DLgs. 165/01 – trasforma la natura giuridica dell’assenza per visite specialistiche e simili in “permesso”. Da questo discende tutto il resto.
Pertanto, se è vero che la nota 5181 non riguarda il personale della scuola, non è vero che a quest’ultimo non si applicano le disposizioni relative. E’ solo che si applicano in forza di una norma di legge e di una circolare della Funzione Pubblica. Tutto il resto è – nella migliore delle ipotesi – un equivoco di comunicazione.
Detto questo, il suggerimento che ci sentiamo di dare ai colleghi è il seguente:
– se un dipendente chiede di assentarsi per visite specialistiche, terapie, esami diagnostici e simili, vedere in primo luogo se l’orario della prestazione è compatibile con un permesso breve (che comporta l’obbligo di restituire la prestazione entro il secondo mese); in caso contrario, concedergli un permesso retribuito (per motivi personali o familiari), da documentare al rientro secondo le dettagliate indicazioni della Circolare n. 2 della Funzione Pubblica (che si allega);
– se il dipendente ha esaurito i tre giorni di permesso retribuito, vedere se lo si può collocare in ferie senza oneri per l’erario (ciò che di regola è sempre possibile per gli ATA, ma solo a certe condizioni per i docenti);
– se il dipendente non può essere posto in ferie (per esempio, se docente, per impossibilità di sostituzione senza oneri, ovvero per aver esaurito tutti e sei i giorni consentiti in periodo di lezioni), accordargli un giorno di assenza per malattia, con la trattenuta di legge. Quest’ultima previsione rappresenta una forzatura rispetto alla lettera del comma 5-ter sopra richiamato: ma ci sentiamo di suggerire di farvi ricorso, come ultima soluzione, piuttosto che assumersi l’onere, ben più rischioso, di negare ad un dipendente la possibilità di curarsi o di verificare il proprio stato di salute.
Senza entrare in sterili polemiche con il Ministero che tace o con qualche sindacato che parla troppo e non sempre a proposito, questa ci sembra la linea più ragionevole, che contempera il rispetto della norma per come è scritta con la tutela di interessi generali di rango superiore, in quanto direttamente tutelati dalla carta costituzionale.