DAL RUOLO NELLA VALUTAZIONE ALLA RETRIBUZIONE
Sui dirigenti troppe zone d’ombra
di Giorgio Rembado*
La Direttiva ministeriale sulla valutazione è un atto dovuto, sul quale il giudizio complessivo è, tutto sommato, positivo, nonostante numerosi punti restino da chiarire e diverse soluzioni appaiano dettate più dai vincoli economici che dalle scelte di efficacia. Una per tutte: la decisione di attuare la valutazione esterna solo per il 10% delle scuole. Con l’ovvia conseguenza che il 90% delle scuole si guarderanno allo specchio da sole: e difficilmente si troveranno brutte. Per molte di loro, questa sarà una prima volta. La cultura della valutazione nei pubblici servizi è sempre stata qualcosa di estraneo alla nostra tradizione amministrativa. Si potrebbe perfino dire che, con questa decisione, la scuola diventa un settore all’avanguardia nel contesto pubblico. Come presidente Anp, mi soffermo su due aspetti che riguardano i dirigenti scolastici e che appaiono a tutt’oggi indeterminati. Il primo riguarda il ruolo del dirigente nel processo di autovalutazione e nella messa a punto del piano di miglioramento. Né il regolamento 80, né la Direttiva dicono nulla di preciso in merito. C’è da augurarsi che i protocolli operativi colmino questa carenza. Sarebbe paradossale che il processo fosse affidato alla spontanea auto-organizzazione di chi nelle scuole volesse impegnarvisi. Tanto più che le norme generali del DLgs. 165/01 affidano al dirigente la funzione dí gestione unitaria dell’istituzione scolastica, con le connesse responsabilità per i risultati.
Il secondo aspetto sul quale la Direttiva rinvia ad ulteriori determinazioni riguarda i criteri e gli indicatori per la valutazione dei dirigenti. Questo è uno dei punti più controversi del Regolamento, visto che l’impianto dell’intero processo dipende in misura molto rilevante dai risultati di apprendimento degli studenti, elaborati dall’Invalsi; e sempre all’Invalsi è demandata la proposta degli indicatori per misurare l’apporto dei dirigenti al miglioramento di quei risultati. Quando si pensa che da una valutazione così indeterminata nei contenuti dovrebbero discendere conseguenze sul rinnovo dell’incarico dirigenziale e sulla retribuzione di risultato, vi è di che interrogarsi sulla solidità concettuale di questo aspetto del regolamento. Vero è che l’entità attuale del premio di risultato inferiore a duemila euro lordi annui è talmente simbolica da non rappresentare in sé né un incentivo né una sanzione: ma l’obiettivo cui tendere dovrebbe se mai essere quello di renderlo più significativo e poi di attribuirlo secondo criteri adeguati. Mantenerlo a livelli risibili e distribuirlo con criteri superficiali non cancella l’errore: lo raddoppia. *
* presidente Anp