Sul sito di Dirigentiscuola è comparsa, in data di ieri, una nota che suona come ammissione di colpa per le affermazioni contenute nel comunicato di qualche giorno fa e come richiesta ufficiale di scuse. La nota fa seguito al nostro comunicato del 10 marzo, con il quale si forniva la prova della clamorosa falsificazione dei fatti ad opera di quella organizzazione.
Prendiamo atto del riconoscimento dell’errore e delle scuse presentate: e non abbiamo difficoltà a dichiarare chiuso l’incidente, almeno per questa volta e sempre che non si ricominci con la strategia delle insinuazioni e delle accuse fondate su ricostruzioni a memoria.
Non possiamo però non rilevare che il comunicato di scuse si accompagna con alcune “(ri-)sottolineature”, come le chiamano gli stessi autori, che tenderebbero a dimostrare un nostro supposto ripensamento sulla questione del “ruolo unico” rispetto a quello che viene indicato come un iniziale silenzio nel merito.
Dobbiamo smentire ancora una volta. Abbiamo già dato conto lo scorso 15 settembre sul nostro sito (https://www.anp.it/anp/doc/meglio-tardi-che-mai) di tutti i documenti ufficiali da noi prodotti sulla materia. Il primo di essi risale al 6 aprile 2014, quasi un anno fa e ben prima dell’audizione con il ministro Madia del 12 giugno che – nell’ultima versione dei fatti proposta da Dirigentiscuola – viene indicata come l’occasione del nostro silenzio. E non si tratta di un comunicato qualunque, ma di un ordine del giorno votato dal Consiglio Nazionale dell’Anp e pubblicato sul sito, dove si trova tuttora (https://www.anp.it/anp/doc/ruolo-unico-della-dirigenza-e-fun_-due-importanti-prese-di-posizione-del-consiglio-nazionale-di-anp) .
Un altro “lapsus calami” di Nuzzaci? Due in tre giorni: non è male per il presidente del Consiglio Nazionale di Dirigentiscuola. A voler infierire, si potrebbe porre la domanda esplicita sull’attendibilità generale delle tesi e delle informazioni che provengono da quella parte. Ma abbiamo detto di voler chiudere l’argomento e ci atterremo a questa linea.
Quanto alla riproposizione di slogan, quali “i contratti della vergogna”, essa non merita che ci si perda altro tempo sopra. Tutti coloro che hanno esperienza di relazioni sindacali sanno che i contratti si fanno con le risorse che ci sono sul tavolo e non con quelle che si vorrebbe avere. E la qualità dei contratti si giudica non con i propri desideri, ma con quel che si è concretamente portato a casa nelle circostanze specifiche.
Se per assurdo volessimo prendere sul serio la tesi di Dirigentiscuola, non avremmo dovuto firmare nessuno dei tre contratti della dirigenza scolastica finora conclusi: non quello del 2002, né quello del 2006 né quello del 2010, perché nessuno di questi ha portato la sospirata equiparazione. Se lo avessimo fatto, gli stipendi dei dirigenti scolastici sarebbero ancora quelli del 1999, ultimo contratto di comparto prima della dirigenza. Se questo è fare sindacato, lo giudichino i colleghi.