Le novità introdotte nella scuola dalla legge 107 sono numerose ed abbracciano molti ambiti. Anp ha già pubblicato una scheda analitica che illustra in sintesi i contenuti del provvedimento. In questi giorni sta lavorando alla messa a punto di una cinquantina di seminari di formazione da svolgere a settembre e di materiali di supporto per i dirigenti ed i collegi.

Ci sono però degli adempimenti che non possono attendere: non sono molto numerosi, ma importanti. Oppure dei dubbi interpretativi, che sorgono leggendo la norma. Per questo motivo, iniziamo oggi la pubblicazione di queste #pillole: brevi suggerimenti operativi da attuare prima dell’avvio del nuovo anno o nei primissimi giorni di esso.

La rubrica sarà sempre disponibile nella colonna “IN EVIDENZA” del nostro sito web. Sarà alimentata man mano che se ne ravviserà la necessità. Siete invitati a segnalare eventuali criticità che aveste rilevato e sulle quali desiderate un suggerimento (ma solo se si tratta di questioni che non possono attendere i seminari di formazione previsti per la seconda metà di settembre).

Le #pillole sono disposte in ordine inverso: in alto le più recenti.

 

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Pillola#8

Ci sono ancora il primo ed il secondo collaboratore? Sono in aggiunta al 10% previsto dalla legge o ne fanno parte? Hanno uno status diverso da quello degli altri? Sono retribuiti sul FIS o con il bonus premiale? E quanto al bonus premiale, chi stabilisce l’importo da attribuire ai singoli? Quali regole seguire? Come faranno i docenti componenti del Comitato a valutare altri docenti, che magari insegnano in un plesso o in un ordine di scuola diverso? Quando arriveranno disposizioni amministrative in merito? La scuola sta per cominciare e non sappiamo ancora come regolarci …

Di tal genere, se non tali appunto, sono i pensieri che assillano molti dirigenti in questi giorni e che rimbalzano nelle frequenti richieste di consulenza. Va detto subito che la risposta non c’è nel testo di legge e, vorremmo aggiungere, è giusto che non ci sia.

Va tenuta presente, infatti, quella che è la ratio legis, cioè la sua finalità, declinata fin dal primo comma in questi termini: ” […] la presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni […].

Si può discutere se tutte le varie disposizioni contenute nei commi che seguono siano sempre fedeli all’assunto: ma la finalità dichiarata è quella di “dare piena attuazione all’autonomia”. Di conseguenza, ogni scuola dovrebbe cogliere l’opportunità offerta dalla formulazione a maglie larghe della legge per individuare e riempire di contenuti i propri spazi di autodeterminazione.

Sollecitare circolari e chiarimenti – che, nel silenzio della norma, non possono avere altro valore che di esprimere l’opinione di chi li formula – significa rinunciare ad avvalersi di questa possibilità. O, peggio, offrire all’Amministrazione il destro per ri-occupare quegli spazi, con l’argomento di essere stata insistentemente richiesta di farlo.

 

 

Pillola#7

La legge rende obbligatoria “l’educazione al gender”? E come rispondere alle numerose diffide preventive da parte di associazioni di genitori?

La legge 107 non cita mai direttamente le tematiche “gender”. Opera però, al comma 16, un rinvio indiretto per inserire nel piano dell’offerta formativa azioni attuative delle norme contenute nell’articolo 5.2 del decreto legge 93 del 2013. Quel decreto, senza citare neppur esso la teoria in questione, insiste però con grande dettaglio sulle pari opportunità e sul divieto di ogni discriminazione legata all’orientamento di genere.

Si tratta, come è ovvio, di materia assai delicata, nella quale il confine fra i valori condivisi e l’appartenenza militante è assai labile.

Nella formulazione del comma 16 sono criticabili diverse cose: l’aver nascosto l’oggetto attraverso un rinvio normativo particolarmente oscuro (il che, in materia così sensibile, lascia uno spiacevole alone di ambiguità); l’aver indicato azioni del piano rivolte non solo agli studenti, ma anche ai docenti ed ai genitori (che non è compito del POF); il prescrivere dall’esterno contenuti per un documento che dovrebbe essere espressione della autonomia della singola scuola; il non aver richiamato le tematiche in questione nel pur lunghissimo elenco delle priorità formative contenute nel comma 7.

Ce n’è abbastanza per concludere che le scuole da una parte non hanno alcun obbligo di introdurre nel proprio POF tematiche gender; e dall’altra non devono dare necessariamente risposte alle diffide dei genitori, salvo – se lo si ritiene opportuno – qualche generica rassicurazione.

Le azioni educative volte a promuovere l’uguaglianza di opportunità ed a combattere ogni forma di discriminazione restano peraltro un dovere generale, come parte della missione formativa della scuola: ma senza alcun riferimento a posizioni ideologicamente connotate, ciò che sarebbe contrario alla neutralità politica e filosofica della scuola pubblica.

Se poi, in qualche singola realtà, vi fossero spinte forti per affrontare le questioni di gender, la sede opportuna è ovviamente quella del consiglio di istituto, con tutte le cautele del caso. Ma si tratterà comunque di una scelta, da ponderare attentamente, e non di un obbligo generalizzato.

 

Pillola#6

L’alternanza scuola-lavoro, di cui ai commi 33-44 della legge, va considerata ai fini dell’ammissione allo scrutinio finale? E, se sì, in aggiunta o in sostituzione del monte orario delle lezioni in classe?

Anche qui occorre procedere per via sistematica. La fonte normativa da considerare è il DPR 122/09 (art. 14 comma 7), che prevede – ai fini dell’ammissione allo scrutinio – la presenza ad almeno i tre quarti del monte orario annuale personalizzato. L’alternanza scuola-lavoro, una volta programmata ed inserita nel POF, fa parte di tale monte orario per tutti gli studenti per i quali è stata prevista. E dunque, se si svolge tutta all’interno del periodo delle lezioni, il monte orario di riferimento resta quello scritto negli ordinamenti; se si svolge tutta all’esterno, il totale su cui effettuare i conteggi è dato dalla somma del monte orario ordinamentale e della durata prevista dell’alternanza. Se si svolge parte in sovrapposizione alle lezioni e parte durante la sospensione di esse, occorrerà determinare prima la somma delle due parti e poi calcolare i tre quarti di essa.


Pillola#5

Il fondo di istituto è assorbito dal bonus premiale di cui ai commi 126-128? No, si tratta di due dotazioni distinte, che saranno gestite separatamente. Il FIS è istituito per contratto e continua ad essere gestito secondo le previsioni del CCNL (salvo le modifiche imperative introdotte dalla legge). Il bonus è introdotto e regolato per legge e viene erogato secondo quanto previsto dal comma 127. Volendo ipotizzare una finalizzazione specifica, si può suggerire che il FIS remunera soprattutto la quantità di lavoro aggiuntivo (ed infatti viene calcolato per lo più in ore), mentre il bonus premia la qualità dell’impegno e della prestazione senza riferimento alla durata di essi, ma solo all’apprezzamento del loro apporto alla vita della scuola.

 

Pillola#4

Le funzioni strumentali rientrano in quella quota di collaboratori (10% dell’organico dell’autonomia) che il dirigente può individuare liberamente? La norma (comma 83 della legge) non lo dice esplicitamente, anzi non nomina mai le funzioni strumentali, che sono figure organizzative istituite e regolate dal contratto. Nella pratica, occorrerà considerare qual è la ratio del comma 83: consentire al dirigente di selezionare in autonomia uno staff di collaboratori di cui avvalersi. E dunque se il dirigente, avvalendosi delle facoltà di gestione delle risorse umane riconosciutegli dalla legge 150/09, ha già l’abitudine di scegliersi direttamente le funzioni strumentali, si può dire che il loro numero rientra in quel dieci per cento. Se invece mantiene la vecchia prassi di concordarne l’individuazione in Collegio Docenti, non fanno parte di quella quota, che rimane interamente disponibile.

Si tratta, è bene sottolinearlo, di una conclusione cui è possibile giungere in via analogica: ma in realtà la questione non è regolata in modo esplicito dalla legge.


Pillola#3
 
Chi ha il Consiglio di Istituto in scadenza (o deve procedere ad elezioni suppletive per un numero elevato di componenti) farà meglio a rinviare la scelta dei membri del Comitato di Valutazione di competenza del Consiglio a dopo il rinnovo dell’organo. In tal modo, le persone designate saranno portatrici in seno al Comitato di un “mandato” pieno.


Non si tratta di un vincolo normativo, ma di un’ovvia considerazione di opportunità.

 

Pillola#2

La composizione del futuro Comitato di Valutazione è concettualmente molto diversa rispetto a quella tradizionale. Sarebbe un azzardo procedere ad elezioni nella prima seduta del Collegio Docenti di settembre, come si fa di solito, senza una adeguata riflessione e preparazione interna.
Si suggerisce di non mettere il punto all’odg della prima seduta, o di toglierlo se già vi figurava. Non succede nulla se il Comitato si costituisce a metà settembre o anche oltre, perché comunque le sue funzioni si attiveranno solo ad anno inoltrato. E, in ogni caso, occorrerà attendere che vengano designati anche gli altri componenti, compreso l’esterno. Invece quel lasso di tempo può essere utilizzato per studiare le formule migliori e le implicazioni delle diverse scelte possibili.
Anp si riserva di fornire materiali di riflessione in merito ed anche qualche suggerimento nella sessione di seminari in programma nella seconda metà di settembre.

Pillola #1

Chi, per qualunque motivo, non avesse ancora riunito il Comitato di valutazione per la conferma in ruolo di docenti in anno di prova, lo faccia al più presto e comunque non oltre il 31 agosto prossimo.
Così potrà convocare il Comitato nella sua composizione tradizionale, mentre a partire dal 1° settembre dovrebbe farlo in quella nuova prevista dalla legge: con tutti i potenziali problemi di ritardi e anche di contestazioni.