A tutti i dirigenti scolastici
A tutti i docenti
Al personale ATA
Ai genitori ed agli studenti
delle scuole della Repubblica
Livio Bearzi era rettore del Convitto dell’Aquila quella notte dell’aprile 2009, quando il terremoto si portò via 309 persone, fra cui alcuni convittori. Al termine dei rituali gradi di processo, si è ritrovato ad essere quasi l’unico responsabile di quell’evento: condannato a quattro anni di reclusione e già in carcere. La giustizia ha fatto il suo corso.
Non appartiene alla nostra cultura la critica alle istituzioni ed alle sentenze della Magistratura, anche quando, come in questo caso, ci lasciano interdetti. Quello che vi chiediamo è di contribuire ad un’iniziativa per ridurre il danno e restituire almeno l’uomo alla sua famiglia: una richiesta di grazia al presidente della Repubblica.
L’istanza vera e propria sarà presentata da chi per legge vi ha titolo: la nostra iniziativa vuole essere di appoggio e di mobilitazione, da parte del mondo della scuola, in favore di un uomo che alla scuola ha dato tutta la sua vita ed i cui meriti non possono essere oggi cancellati da un singolo episodio, un frammento di una tragedia immensamente più grande di lui.
Sappiamo tutti che la richiesta di grazia ha i suoi tempi, che non saranno brevi. Per questo, intendiamo proporre, in via d’urgenza, al magistrato di sorveglianza, la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali, che consentirebbe a Livio Bearzi di assistere i propri familiari, in grave difficoltà personale e bisognosi della sua presenza e della sua opera.
Firmate gli appelli sottostanti attraverso il modulo di sottoscrizione e dichiarando la vostra qualifica (dirigente, docente, ATA, genitore, studente, altro). Fatelo per Livio. Fatelo per tutti quelli che, come lui, ogni giorno rischiano di rispondere per colpe che non dovrebbero essere loro ascritte.
Richiesta di clemenza per Livio Bearzi.
Signor Presidente della Repubblica,
i sottoscritti dirigenti, docenti e personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, genitori e studenti delle scuole si rivolgono a Lei per chiedere un atto di clemenza nei confronti di Livio Bearzi, già dirigente scolastico e rettore del Convitto dell’Aquila al momento del terremoto del 2009, condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione come l’unico colpevole, o quasi, di quella tragedia o di un frammento di essa: la morte di tre convittori.
Livio Bearzi non poteva sapere cosa sarebbe accaduto quella notte, non più di quanto potessero saperlo molti altri. Tanto che dormiva sotto quello stesso tetto con la propria famiglia, a riprova della sua buona fede: buona fede che a tanti altri è stata riconosciuta, ma non a lui. Ora che la giustizia ha fatto il suo corso, vogliamo chiedere a Lei – cui la Costituzione ha attribuito non a caso il vertice dell’Ordine giudiziario, ma anche il potere di grazia – di esercitare tale seconda prerogativa e di compiere un gesto di clemenza.
Le chiediamo, Signor Presidente, di restituire Livio Bearzi alla sua famiglia, già così duramente provata. Si tratta di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla scuola ed ai giovani. La Repubblica non può essere verso di lui solo esattrice di giustizia, cancellando in un colpo oltre trent’anni di dedizione e di lealtà.
Casa Circondariale di
UDINE
Signor Giudice,
nelle prossime ore le sarà presentata nelle forme di legge un’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali di Livio Bearzi, già rettore del Convitto de L’Aquila e di quello di Cividale, condannato in relazione al crollo del primo durante il terremoto dell’aprile 2009.
Siamo uomini e donne di scuola, dirigenti, docenti, personale non docente, genitori ed alunni. Di Livio Bearzi noi conosciamo l’altra faccia, quella che non ha trovato spazio nelle aule giudiziarie: quella dell’uomo di scuola, dell’educatore, del docente che ha dedicato più di trent’anni della sua vita alla scuola, ritrovandosi alla fine travolto prima dalle macerie del terremoto e poi da quelle giudiziarie.
Livio Bearzi non merita di essere ricordato solo per quella tragedia, tanto più grande di lui e delle sue possibilità di intervento. Merita che a lui si pensi con gratitudine anche per tutto il bene che ha fatto ai giovani nel corso della sua lunga ed operosa carriera professionale.
Per questo, pur consapevoli di non avervi titolo giuridico, ci permettiamo di unire la nostra voce a quella di chi sta per chiederle un provvedimento urgente di affidamento in prova ai servizi sociali, che permetta al nostro collega almeno di salvare la propria famiglia, che dalla sua presenza e dalla sua assistenza dipende, dall’estrema rovina.
La ringraziamo per l’attenzione con cui vorrà considerare questo appello.