Basterebbe la saggezza popolare per comprendere l’astiosa risposta dei soliti noti al comunicato Anp sulla riunione del 24 febbraio al MIUR: la verità brucia.
Ma, visto che lor signori non vogliono capire, saremo un po’ più espliciti. I loro recenti documenti, incluso l’ultimo, grondano di continui appelli al dialogo, al confronto ed alla democrazia. Quale sia la loro idea di confronto è però chiaramente illustrato dai toni che riservano a chi si permette di dissentire: i dirigenti che intendono applicare la legge per come è scritta vanno isolati, le loro posizioni vanno “rese fortemente minoritarie”, occorrerà “svolgere un’azione di interdizione che costringa il dirigente a procedere con lentezza e con il maggior contrasto possibile”. Il virgolettato è tratto da un documento ufficiale, appena di qualche giorno fa, firmato dalle solite quattro sigle: FLCgil, Cislscuola, Uilscuola, Snals Confsal.
E quale sia la loro idea di democrazia è non meno chiaro quando scrivono che “occorre impedire l’applicazione di questa norma” (sempre dal documento in questione). La democrazia, secondo i nostri censori, si identifica con quel che fa loro comodo. Il Parlamento? Irrilevante. La legge? Un optional. Il dirigente? un avversario che va minacciato e intimidito quando resiste; nella migliore delle ipotesi, “aiutato” a riconoscere la retta via (sempre loro). E queste sarebbero le lezioni che vorrebbero darci? In un paese serio, sarebbero già iscritti nel registro degli indagati per attentato alle prerogative degli organi costituzionali dello Stato, cioè del Parlamento.
Ancora: si cerca di far passare come un assioma indiscutibile quello che “retribuzione accessoria” significhi di necessità “contrattazione”: e ci si appella, come ad un mantra. ad un comma del DLgs. 165/01, che ha valenza generale. Peccato che, in quello stesso testo di legge, vi sia anche una disposizione specifica, che riguarda proprio il caso in questione (art. 40 comma 1): “Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, […], la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge”. E la legge che ha istituito il bonus nulla dice in merito: un silenzio che implica che la contrattazione, qui, “non è consentita”. Ma tanto le leggi, si sa, si applicano o non si applicano secondo convenienza, stando a questi campioni della democrazia.
Altra affermazione tanto insidiosa quanto infondata: l’assimilazione fra il bonus dei docenti e il premio di risultato che conseguirà in futuro alla valutazione dei dirigenti. Le due situazioni sono regolate da norme diverse: il bonus dal comma 127 della legge 107 e dall’art. 40 comma 1 del DLgs. 165/01. Mentre il premio di risultato dei dirigenti, in assenza di una lex specialis, ricade sotto le previsioni generali. Ma ogni argomento è buono per alzare cortine fumogene.
Non meno fuorviante il continuo appello alla pace sociale, ad evitare scontri e divisioni, e soprattutto il temuto contenzioso: come se il contenzioso e le tensioni venissero dal cielo, mentre loro, poveretti, si affannano a metterci in guardia contro i rischi che corriamo. Chi è, di grazia, che da un anno a questa parte sta alzando le barricate contro i “presidi sceriffi”? chi è che incita ad opporsi al “potere discrezionale”? chi è che minaccia ad ogni piè sospinto di portare in tribunale i dirigenti che non si allineano? ci risparmiassero, almeno, l’ipocrisia dei buoni consigli, che in questo contesto suonano come “avvertimenti”, neppure tanto mascherati. Di tutto ha bisogno la scuola italiana, meno che di padrini.