Qualche giorno addietro – il 16 maggio per la precisione – il Consiglio dei Ministri ha approvato, in seconda lettura, il testo di un decreto legislativo recante “revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.
L’articolo 10, comma 1, lettera c) di tale emanando provvedimento abroga il comma 2 dell’articolo 10 del d.lgs. 33/2013 che, a sua volta, prevede l’obbligo di formulazione e pubblicazione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI).
Misura in sé ottima, dato che elimina dall’ordinamento uno dei numerosi documenti di poca o nulla utilità e che, in fondo, accoglie la nostra censura risalente, addirittura, al 20 dicembre 2013.
Non possiamo, però, ignorare il fatto che l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), in data 13 aprile, aveva approvato le “Linee guida sull’applicazione alle istituzioni scolastiche delle disposizioni di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 e al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33” con le quali rivolgeva a tutti i dirigenti scolastici un fermo invito ad adottare e pubblicare il PTTI entro il 30 maggio, facendo seccamente presente che “L’attività di vigilanza dell’ANAC, anche al fine dell’esercizio dei poteri sanzionatori, verrà avviata dal 1° settembre 2016, in coerenza con i termini sopra indicati.”
Alla fine di questo sintetico resoconto, sorge spontanea una domanda: come è possibile mobilitare le migliori energie del Paese – anche per contrastare la corruzione – se i nostri più alti rappresentanti e le nostre massime autorità danno una tale prova di carenza di coordinamento?