A seguito della sottoscrizione, in data 11 aprile, dell’ipotesi di CCNI “concernente il passaggio da ambito territoriale a scuola per l’anno scolastico 2017/2018”, abbiamo subito reso note le nostre prime osservazioni.
A quell’accordo ha fatto seguito la pubblicazione, da parte delle organizzazioni sindacali di comparto, di una sua libera e fantasiosa interpretazione “contra legem”. Secondo tale interpretazione, priva di consistenza giuridica, le prerogative dirigenziali sarebbero annullate e i dirigenti sarebbero ridotti al ruolo di meri esecutori dei diktat sindacali.
Ebbene, ANP ritiene a questo punto necessario affermare in modo chiaro e forte che:
- sono in errore tutti coloro che pensano che noi dirigenti, nonostante la continua e scandalosa mortificazione causata dalla iniqua sperequazione retributiva che ci colpisce – e per la quale manifesteremo in massa il 25 maggio a Roma – lasceremo impunemente calpestare e affossare la nostra professionalità e il nostro ruolo;
- difenderemo la qualità del servizio di istruzione – e i diritti degli studenti – con tutti i mezzi che la legge mette a nostra disposizione.
Riteniamo pertanto necessario offrire a tutti i colleghi una accurata analisi del CCNI e dei relativi presupposti giuridici nonché alcune indicazioni concrete per operare la chiamata per competenze 2017 nel pieno rispetto della legge. Si tratta, in buona sostanza, di un vaccino contro il virus della propaganda sindacale.
L’analisi di ANP
Come abbiamo già messo in evidenza nel nostro comunicato del 12 aprile, una attenta lettura del testo del CCNI dimostra che i poteri dirigenziali non sono stati inficiati. Nessun contratto, peraltro, può produrre tale effetto a pena di nullità (art. 4, c. 3 del d.lgs. 165/2001). Analogamente, nessun contratto può modificare le competenze del collegio (art. 7, c. 2, lett. r del d.lgs. 297/1994).
L’aspetto più criticabile del CCNI è costituito dal largo uso di espressioni imprecise, ambigue e giuridicamente atecniche. È proprio su tali imprecisioni lessicali che si basa la fantasiosa – e illegittima – interpretazione sindacale che mira unicamente ad ingannare i dirigenti, creando una sconcertante confusione mediatica e facendo loro credere che le cose stiano come i sindacati vorrebbero. La realtà è radicalmente diversa.
La procedura che ogni dirigente dovrà seguire per individuare i docenti – titolari di ambito – da assegnare all’organico dell’autonomia della singola istituzione scolastica, infatti, deve essere implementata tenendo conto delle disposizioni imperative presenti nella legge 107/2015, delle disposizioni generali (imperative anch’esse) di cui al d.lgs. 165/2001 e, residualmente, di quelle contenute nel CCNI in corso di certificazione.
Nello specifico, valgono le seguenti osservazioni.
(1) Il comma 80 della legge 107 è chiaro nell’attribuire ai dirigenti il potere di formulare la proposta di incarico triennale in coerenza con il PTOF. Si tratta, peraltro, di una evidente competenza datoriale ai sensi dell’art. 5, c. 2 del d.lgs. 165/2001. Gli “elementi di giudizio” su cui il dirigente deve basarsi nell’individuazione dei docenti sono tre: curriculum, esperienze professionali, competenze professionali.
(2) Il CCNI (con il relativo allegato) fornisce indicazioni solo in merito al curriculum (identificato con la parola “titoli”) ed alle esperienze professionali. L’insieme di titoli ed esperienze è ribattezzato con il termine “requisiti”.
(3) È bene sottolineare, in ogni caso, che la deliberazione del Collegio non può che riguardare l’espressione di un parere – sui soli requisiti – che non ha carattere vincolante per il dirigente. Qualsiasi pretesa di diverso avviso sarebbe lesiva delle prerogative dirigenziali e, dato il contrasto con la chiara disposizione di cui al già citato art. 4, c. 3 del d.lgs. 165/2001, sarebbe affetta da nullità. Doppia nullità deriverebbe dal contrasto con l’art. 7, c. 2, lett. r) del d.lgs. 297/1994.
(4) Il CCNI nulla dice (né potrebbe dirlo, ancora una volta a pena di nullità) sulle competenze professionali la cui definizione da parte del dirigente è libera – purché resti entro i limiti di coerenza con il PTOF – e rientra nella sua piena ed esclusiva competenza. Inoltre, i requisiti vanno correlati alle competenze, come è naturale che sia e come è confermato dal titolo dell’allegato allo stesso CCNI.
(5) Il CCNI nulla dice (sempre per non incorrere in nullità) circa i criteri di valutazione delle candidature; essi competono al dirigente, nell’ambito delle sue generali competenze in materia di gestione del personale, ma ovviamente vanno resi pubblici negli avvisi.
(6) Sull’inconsistente concetto di “criterio oggettivo” vi è ben poco da dire: esso attiene al mondo dell’irreale e come tale va riguardato Basti pensare che solo i titoli e il servizio – e cioè solo i “pezzi di carta” – possono essere oggetto di valutazione “oggettiva” mentre qualsiasi altra operazione valutativa, anche concorsuale, è fortemente connotata da discrezionalità. Tanto vale, e in misura ancora più ampia, nell’esercizio dei poteri dirigenziali, finalizzati alla massima tutela dell’utenza.
Le indicazioni operative di ANP
Tenendo presenti le precedenti osservazioni, possiamo affermare che il dirigente, nell’ordine, deve:
(A) Definire, in coerenza con il PTOF e per ogni singolo posto che sia concretamente vacante e disponibile, le competenze professionali che il docente da chiamare deve possedere.
(B) Acquisire il parere del collegio dei docenti sui soli requisiti (cioè titoli ed esperienze); ciò significa che il dirigente deve porre in votazione la proposta di requisiti che ritiene più correlati alle competenze. Il parere può essere favorevole oppure contrario. È del tutto ovvio (la precisazione contenuta a tal riguardo nel CCNI è superflua) che eventuali iniziative “di rifiuto” della deliberazione sono ininfluenti sul proseguimento della procedura.
(C) Procedere con proprio atto datoriale alla individuazione dei requisiti; un eventuale parere contrario del collegio, posta la natura tecnica dello stesso, può convincere il dirigente a riconsiderare la propria proposta; al riguardo, è bene ricordare che sia i decreti delegati del 1974 che il T.U. del 1994 riconoscono da sempre al dirigente il potere di discostarsi motivatamente addirittura dalle decisioni – atto di pregnanza ben maggiore di quella dei pareri – collegiali; la motivazione, in questo caso, sarebbe “in re ipsa” perché immediatamente riconducibile alla correlazione tra requisiti e competenze.
(D) Definire i criteri di valutazione delle candidature e pubblicare i relativi avvisi.
(E) Integrare, eventualmente, gli avvisi a seguito di modifiche al numero dei posti indotte dalle procedure di mobilità. Su questo specifico punto, il CCNI deve essere disatteso laddove prevede che l’integrazione possa riguardare le sole consistenze numeriche, se i posti resisi disponibili afferiscono a classi di concorso già oggetto di avviso. Infatti, la relativa clausola contrattuale è nulla per aperto contrasto con il comma 80 della legge 107: “Il dirigente scolastico formula la proposta di incarico in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa…” che impone al dirigente di scegliere – posto per posto – le competenze che, a suo avviso e sotto la sua responsabilità, garantiscono la massima coerenza con il PTOF.
(F) Individuare i docenti da assegnare all’organico dell’autonomia, avvalendosi anche di colloqui, senza redigere alcuna graduatoria. Ricordiamo, al riguardo, che il potere datoriale di individuazione ha carattere discrezionale ed è vincolato solo dal generale obbligo di buona fede e correttezza. Se il dirigente non ritiene idoneo alcun docente dell’ambito non conferisce incarichi.
(G) Pubblicare gli incarichi conferiti e i relativi curricula.