Il testo del nuovo CCNL del comparto “istruzione e ricerca” conferma, una volta di più, che per i sindacati che hanno sottoscritto l’ipotesi la qualità dell’istruzione e gli interessi degli stessi lavoratori non contano.
Conta solo condizionare (in peggio) le politiche governative, ridurre le (già modeste) risorse economiche destinate a premiare i migliori e ritardare (al massimo) la definizione di un sistema disciplinare più chiaro e rigoroso. Nulla di nuovo, insomma: i migliori non vanno premiati e i peggiori non vanno sanzionati!
La scuola rimane l’unico settore della Pubblica Amministrazione incapace di riconoscere e premiare l’impegno e di utilizzare la leva del merito per il miglioramento della qualità del servizio.
Siamo di fronte all’ennesima occasione di rinnovamento perduta, sacrificata sull’altare dell’imminente appuntamento elettorale.
È necessario che tutto questo sia ben chiaro al Paese, alle famiglie e al personale tutto, destinatario – peraltro – di aumenti risibili (figli della deprecabile “Intesa del 30 novembre 2016”).
L’ANP rileva, comunque, la definitiva ammissione della non contrattabilità dell’organizzazione del lavoro (le ben note lettere h, i ed m del secondo comma dell’articolo 6 del vecchio contratto): non contrattabilità che abbiamo sempre sostenuto e che i Giudici del Lavoro hanno ormai da tempo univocamente riconosciuto.
Per quanto riguarda i procedimenti disciplinari, i dirigenti scolastici continueranno ad applicare le regole fissate dagli articoli 55 e seguenti del d.lgs. 165/2001, come novellato dalla riforma Madìa.
L’ipotesi firmata rivela la volontà di tutelare gli interessi corporativi di alcune sigle sindacali e il disinteresse per il rilancio della scuola e delle professionalità che la animano ogni giorno.