Al pari delle influenze stagionali, torna di questi tempi il periodico tormentone del divario tra lo stipendio dei dirigenti delle scuole e quello dei docenti.
Questa volta è il Rapporto Eurydice 2021 Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe – 2019/20 a proporre elementi di riflessione che conducono, con taglio semplicistico, alla medesima conclusione: il docente italiano ha una retribuzione mortificante mentre il dirigente scolastico naviga nell’oro.
Per evitare inutili guerre sante e per non alimentare l’odio sociale – da taluni invece accanitamente ricercato – è necessario ragionare correttamente e fare chiarezza, fornendo al dibattito spunti di riflessione più approfonditi.
Sulla base dei dati proposti dal Rapporto stesso, osserviamo quanto segue:
- le retribuzioni dei docenti italiani, al lordo della tassazione, sono inaccettabilmente basse
- le retribuzioni dei dirigenti italiani, sempre al lordo della tassazione, sono il doppio di tali valori
- le retribuzioni dell’area contrattuale dei dirigenti di scuola, università e ricerca sono di gran lunga più basse di quelle delle altre aree dirigenziali statali
- all’interno di tale area, a loro volta, le retribuzioni dei dirigenti scolastici sono inaccettabilmente inferiori a quelle dei dirigenti delle università e degli enti di ricerca
- la progressione di carriera di un docente di scuola secondaria di primo grado, per quanto insoddisfacente, aumenta del 48,7% tra il livello d’entrata e quello di uscita, dopo 35 anni di servizio
- la progressione di carriera di un dirigente scolastico è inesistente
- in tutte le regioni d’Italia, il pagamento delle voci retributive di parte variabile (posizione e risultato) è in ritardo di almeno tre anni a causa dell’incapienza cronica del fondo che le alimenta, proveniente da risorse diverse da quelle che alimentano la parte fissa; il risultato è che i dirigenti scolastici italiani attendono arretrati dal 2018/19
- la fiscalità incide in modo profondamente diverso sullo stipendio di dirigenti e docenti: i primi vedono la loro retribuzione tassata al 41%, i secondi al 27%.
In sintesi: in Italia i dirigenti delle scuole sono molto meno retribuiti degli altri dirigenti pubblici –pur avendo maggiori responsabilità ed essendo preposti a organizzazioni di particolare complessità come le scuole – e il loro stipendio, al lordo della tassazione, è il doppio di quello dei docenti che, però, è ai minimi della scala salariale europea.
Risultano dunque pretestuose, oltre che infondate, le polemiche di chi confronta lo stipendio dei docenti con quello dei dirigenti scolastici: i confronti devono essere fatti a parità di mansioni e, soprattutto, a parità di responsabilità.
È evidente come i docenti abbiano il sacrosanto diritto di ottenere incrementi sostanziali che riconoscano la loro professionalità. Lo stesso, peraltro, deve dirsi anche del personale ATA.
La scuola tutta, infatti, ha reagito all’emergenza pandemica con prontezza e impegno. La sua funzione centrale nello sviluppo del Paese è altresì affermata all’interno delle previsioni del PNRR. È ora che i suoi lavoratori vedano concretamente valorizzato il loro ruolo, anche in termini di riconoscimento economico e sociale.
L’ANP, quindi, respinge con forza qualsiasi indegno tentativo di seminare rancore e invidia sociale all’interno delle scuole e ricorda che i dirigenti scolastici, garanti del servizio di istruzione, attendono risposte concrete.