Ha iniziato il suo iter di approvazione la proposta di legge di bilancio per il prossimo anno e, ancora una volta, sono davvero ben poche le misure che riguardano il sistema dell’istruzione.
Cambiano i governi, ma la scuola resta sempre al margine. C’è l’emergenza energetica, si dirà, quella pandemica ancora presente, quella demografica. Tutto vero. Eppure, la politica sembra non aver ancora imparato che l’investimento sulla scuola è l’unico di lungo periodo che può davvero avere un impatto significativo sul futuro e sulla sostenibilità di qualsivoglia misura si intende mettere in atto. Certo c’è il PNRR, si aggiungerà. Non basta. Alla scuola servono investimenti strutturali, non di emergenza; servono riforme sostanziali che ne cambino radicalmente la governance e la fisionomia, rendendola il luogo di formazione equo e inclusivo cui i nostri ragazzi hanno diritto.
In ogni caso, esaminiamo cosa c’è in discussione.
L’articolo 98, “Promozione dell’apprendimento delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche nelle istituzioni scolastiche” è una sorta di dichiarazione di principio del tutto condivisibile: si tratta della previsione di una serie di interventi che – in attuazione del PNRR, Missione 4 «Istruzione e ricerca», Componente 1 «Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università» – sono finalizzati a promuovere e potenziare le competenze e le discipline STEM in tutti i livelli del sistema educativo di istruzione e formazione, con particolare attenzione al riequilibrio di genere. Entro il 30 giugno 2023 si prevede l’emanazione di linee guida per l’inserimento nel PTOF di azioni per il rafforzamento del curricolo e lo sviluppo di competenze e conoscenze nelle discipline STEM. In accompagnamento sono previste iniziative di informazione e orientamento destinate anche alle famiglie nonché la promozione di reti di scuole specializzate.
L’articolo 99 riguarda una misura che ha suscitato allarmismo nel mondo scolastico, quella relativa al dimensionamento del sistema. Su tale tema il presidente Giannelli ha già evidenziato la necessità che il Ministero dell’Istruzione e del Merito intervenga per chiarire bene le modalità attuative del piano di riorganizzazione della rete. Nello specifico, con tale articolo si introduce, a decorrere dall’a.s. 2024/2025, una nuova disciplina per definire il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA nonché la sua distribuzione tra le Regioni. Queste ultime, a loro volta, continueranno a operare le scelte sulla definizione della rete scolastica. Tale misura, da un lato, sembrerebbe tener conto dell’effettiva distribuzione e consistenza della popolazione scolastica nei territori regionali; dall’altro, condurrebbe a una razionalizzazione della rete e al suo riequilibrio sulla base delle disuguaglianze territoriali e linguistiche.
Tuttavia, a fronte dei correttivi riportati nella relazione tecnica di accompagnamento del disegno di legge, risulta evidente che il rischio configurabile sia quello dell’allargamento a macchia d’olio del modello di “scuola diffusa” che, in realtà, risponderebbe meno alle esigenze di qualità ed efficacia del servizio. Infatti, le istituzioni scolastiche costituite da sempre più plessi su un territorio sempre più ampio e, spesso, di non facile percorribilità hanno ridotti strumenti di intervento. Ciò genera l’effetto di dissipare grandi e importanti risorse, umane e materiali, per perseguire il successo formativo degli studenti. Riteniamo necessario, dunque, che la misura in oggetto sia integrata con ulteriori elementi correttivi di natura socio-economica per mantenere un presidio certo ed efficace dei territori più svantaggiati. Tale soluzione consentirebbe anche di tutelare maggiormente l’organico dei dirigenti, elemento imprescindibile per l’ANP, contemperandolo con l’esigenza di efficientamento del servizio.
Ciò che non è in alcun modo condivisibile, a nostro avviso, è destinare i risparmi conseguiti mediante l’applicazione di tale disciplina all’incremento di svariate previsioni di spesa, comprese le supplenze, anziché utilizzarle esclusivamente per alimentare il FUN e l’indennità di direzione dei DSGA.
L’ultimo articolo di preminente interesse per la scuola è il numero 100 che istituisce un fondo – inizialmente dotato di 150 milioni di euro per il 2023 – che, con decreto da emanare entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, dovrà consentire la valorizzazione del personale scolastico, con particolare riferimento alle attività di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti, nonché di quelle svolte in attuazione del PNRR. Anche in questo caso resta da chiarire quale sia l’impiego del fondo e, soprattutto, chi dovrà effettuare tale valorizzazione. Ad avviso dell’ANP, deve essere chiaramente previsto che sia il dirigente a disporre di tali somme per una valorizzazione – ulteriore rispetto a quella prevista dalla legge 107/2015 – delle figure che lo supportano nell’attività di organizzazione e gestione.
L’optimum sarebbe che tale fondo costituisse il primo passo per l’introduzione, finalmente per legge, di quel management intermedio e di quella carriera per i docenti senza i quali la governance del sistema risulta una sfida ormai improba.
Nello stesso articolo trova soluzione, infine, una vicenda che sta creando non poche difficoltà alle scuole. Si prevede, infatti, che talune attribuzioni in materia di attestazioni secondo gli obblighi di pubblicazione previsti dall’articolo 14 del D.lgs. 150/2009 siano svolte, presso le istituzioni scolastiche, dai revisori dei conti. Per compensare tale maggiore impegno, i compensi dei revisori risultano incrementati da una quota parte del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche pari a 4,2 milioni di euro. Ci viene naturale, pertanto, osservare che, se ogni volta che ai dirigenti scolastici si sono aggiunte responsabilità si fosse analogamente proceduto con corrispondenti adeguamenti retributivi, l’armonizzazione da noi richiesta sarebbe stata già da tempo conseguita. Tuttavia, è sempre possibile cambiare metodo e bilanciare, finalmente, responsabilità e stipendi per tutto il personale della scuola.
Quale strumento è migliore di una legge di bilancio?