Mercoledì 27 marzo si è riunita l’assemblea plenaria del CSPI per approvare un documento di “pronuncia autonoma” (il terzo del genere), previsto dallo Statuto dell’Organo collegiale, seppur non richiesto, su temi o questioni di interesse, collegati al mondo della scuola.
Due i precedenti pareri che il CSPI ha confezionato: il primo sull’orientamento scolastico, il secondo sull’alternanza scuola lavoro. Su quest’ultimo abbiamo già espresso tutto il nostro dissenso poiché si è trattato di una pronuncia che ha assegnato valutazioni marcatamente pregiudiziali sull’esperienza formativa dell’alternanza, senza aver preventivamente acquisito dati e informazioni necessarie per esprimere tali giudizi. Questa terza pronuncia pretende di esaminare il complesso rapporto tra scuola, famiglie e società, col risultato però di produrre un’analisi tutta inquinata dalla generalizzazione.
Un primo aspetto non condivisibile è, a nostro avviso, la restituzione di un’immagine falsamente negativa della realtà scolastica nel suo complesso, attraverso valutazioni sommarie in un crescendo catastrofista, fino ad affermare che nella scuola oggi manchi la solidarietà, la cooperazione, che ci sia solitudine, che sia un “non luogo” con la sola funzione di contenere e far passare il tempo della crescita dei ragazzi. L’errore è nell’estendere a tutta la scuola la valutazione negativa che deve riguardare sicuramente specifiche situazioni o fenomeni conflittuali, anche violenti e dolorosi, che si manifestano in modo più frequente di recente tra studenti e docenti e da parte di genitori contro docenti, dirigenti e personale.
Da qui poi si passa, con la constatazione della “crisi dei valori educativi”, a rimpiangere un presunto e magico passato di equilibrio e relazioni positive, di valori di riferimento oggi indeboliti e socializzazione ormai perduta.
Noi invece vediamo una scuola diversa da questa rappresentazione, una scuola che ogni giorno vede al lavoro tutto il personale impegnato: docenti, dirigenti, tecnici e ausiliari. Personale che anche nei momenti più difficili, mancando le risorse necessarie e i riconoscimenti doverosi, continua a proporre, progettare, cercare soluzioni, a realizzare e dare risposte, facendo della scuola e nella scuola un luogo di accoglienza, lavorando per un’autentica inclusione, promuovendo l’integrazione attraverso la ricerca e l’innovazione nell’attività didattica.
C’è infine un passaggio significativo per esplicitare la lontananza di ANP dalla visione e dall’impostazione del documento, laddove si tratta del rapporto tra istruzione ed educazione affermando: “Occorre operare un cambio di paradigma nel modello educativo, puntando sulla cooperazione e sulla esperienza significativa dello studio, che valorizzi l’impegno e riconosca il merito, senza scadere nella competizione e nell’individualismo.”
Un ennesimo e miope attacco al concetto di merito, che è invece valore fondamentale e che dovrebbe essere promosso a tutti i livelli nella scuola e nella società. Insinuare che il merito contiene il pericolo di scadere nella competizione e nell’individualismo è espressione di una chiusura ideologica che sta facendo tanto danno alla scuola e ai professionisti docenti che in essa lavorano, continuando a disconoscerne i diversi livelli di impegno ed impedendone una necessaria differenziazione di carriera. Al merito andrebbero educate le nuove generazioni, perché siano stimolate positivamente a dedicare la loro energia per costruire un futuro di qualità per il nostro Paese.