In questi giorni, alcune regioni si stanno interrogando sull’opportunità di sospendere, prioritariamente per il secondo ciclo, le attività didattiche in presenza. Da qualche parte, addirittura, sorge l’idea di limitare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, ritenendo che ciò possa essere utile a esprimere una “voce unica” in risposta alle esigenze poste dall’emergenza epidemiologica. Ciò condurrebbe all’avocazione, in sede regionale, della competenza a scaglionare gli orari di ingresso e di uscita degli studenti, ad utilizzare i turni pomeridiani e ad ampliare la percentuale di DDI.
I dati disponibili paiono dire che la diffusione del contagio non è correlata significativamente alla presenza degli studenti e del personale nelle scuole. Anzi, il costante monitoraggio dei casi di positività all’interno degli istituti contribuisce corposamente al tracciamento del contagio.
A più di un mese dall’avvio delle attività didattiche, è sempre più evidente che durante i mesi estivi i colleghi dirigenti e il personale delle scuole tutto hanno lavorato alacremente per garantire la ripresa in sicurezza, mentre nessun intervento significativo ha potenziato il sistema del trasporto pubblico locale e la rete dei presidi sanitari territoriali deputati al tracciamento dei contagi. La situazione è tale che l’ANP, pochi giorni fa, ha segnalato ai ministri della salute e dell’istruzione che le gravi difficoltà organizzative e gestionali a carico di ASL ed enti locali si stanno ripercuotendo negativamente sull’azione delle scuole.
È alquanto paradossale che a fronte di tali palesi disfunzioni – riconducibili alle amministrazioni locali e regionali – si pensi di porvi rimedio entrando a gamba tesa sull’autonomia delle istituzioni scolastiche e che lo si faccia da parte di chi, sempre più spesso, rivendica la propria emancipazione dal centro come una conquista di più ampia partecipazione e come garanzia di maggiore rispondenza alle esigenze dei cittadini.
È il caso di ricordare che l’autonomia scolastica, non a caso inserita nel dettato costituzionale con la riforma del Titolo V della parte seconda in una trama coerente con quella degli enti territoriali e locali, risponde alle medesime finalità e oggi più che mai costituisce lo strumento essenziale per far fronte a un’emergenza che ha connotati differenti sul territorio nazionale. L’autonomia, infatti, permette alle scuole di calibrare in dettaglio l’offerta formativa e garantire al meglio il diritto all’istruzione, contemperando quest’ultimo con l’esigenza di contrastare la diffusione del contagio. Se alcune proposte avanzate dall’ANP avessero trovato accoglimento da parte del decisore politico – come, ad esempio, l’attribuzione alle scuole di facoltà assunzionali e la riforma della governance interna – la gestione del servizio scolastico, soprattutto al tempo della pandemia, si sarebbe avvalsa di ulteriori ed efficaci strumenti.
In buona sostanza, non si cerchino le cause dell’attuale collasso del sistema di controllo dell’emergenza laddove non ci sono ma risulta più semplice trovarle per allontanare da sé qualsiasi ombra di responsabilità.
Questo non può che ricordare il “Paradosso del lampione”:
Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa.
Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa abbia perduto.
«Ho perso le chiavi di casa», risponde l’uomo, ed entrambi si mettono a cercarle.
Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto chiede all’uomo ubriaco se è proprio sicuro di averle perse lì.
L’altro risponde:
«No, non le ho perse qui, ma là dietro», e indica un angolo buio in fondo alla strada.
«Ma allora perché diamine le sta cercando qui?»
«Perché qui c’è più luce!»
Paul Watzlawick, Istruzioni per rendersi infelici