Registriamo, con disappunto, un
ulteriore intervento ministeriale sulla questione dei “contributi volontari”
che molte scuole sono costrette a richiedere alle famiglie dei propri studenti
all’atto dell’iscrizione. Non è purtroppo la prima volta che si registrano tali
comunicazioni, che ci hanno già in passato spinto ad assumere posizione nel
merito. Se mai, la novità è che questi interventi sono ormai diventati
ricorrenti, quasi sempre in coincidenza con le iscrizioni degli studenti e con
le lagnanze che rimbalzano sui siti Internet relativamente ad abusi veri o
presunti.
ulteriore intervento ministeriale sulla questione dei “contributi volontari”
che molte scuole sono costrette a richiedere alle famiglie dei propri studenti
all’atto dell’iscrizione. Non è purtroppo la prima volta che si registrano tali
comunicazioni, che ci hanno già in passato spinto ad assumere posizione nel
merito. Se mai, la novità è che questi interventi sono ormai diventati
ricorrenti, quasi sempre in coincidenza con le iscrizioni degli studenti e con
le lagnanze che rimbalzano sui siti Internet relativamente ad abusi veri o
presunti.
Dobbiamo allora, per l’ennesima
volta, puntualizzare alcune cose
volta, puntualizzare alcune cose
- la richiesta di contributi
volontari non costituisce un abuso da parte delle scuole e dei loro dirigenti.
Ci sono norme di legge (legge 40/07) e di regolamento (DI 44/01) che li
prevedono e li regolano; - in passato, tali contributi
erano richiesti per importi assai modesti (qualche decina di euro). Se oggi si
chiede di più, non è per un capriccio o per “far soldi”. Sarebbe bene ricordare
che quei soldi vengono spesi per garantire a tutti gli studenti (anche a chi
non li paga) servizi che altrimenti non sarebbe materialmente possibile
assicurare loro; - questo ci porta al cuore del
problema. Se le scuole fossero finanziate in misura meno avara, non avrebbero
necessità di ricorrere a questo strumento di sostentamento. Ed è
particolarmente spiacevole che lo stesso Ministero che dovrebbe garantire loro
un giusto livello di risorse, invece di sentirsi chiamato in causa per la propria
incapacità a fare quel che è il suo “dovere” istituzionale e di attivarsi in
conseguenza, interviene solo per rimproverare i dirigenti scolastici che
cercano di far sopravvivere le comunità loro affidate; - se pure il contenuto della nota
ministeriale è giuridicamente corretto, esso risulta inaccettabile nella
sostanza. E’ vero che le scuole ed i dirigenti non hanno titolo giuridico ad
imporre tributi obbligatori: ma non si può far finta di ignorare che, con
quello che ricevono, non potrebbero neppure pagare servizi indispensabili. A
cominciare da quella “digitalizzazione” universale che il legislatore – ed il
Ministro pro tempore – hanno voluto “senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica”. Va bene la crisi economica, ma almeno si potrebbe evitare –
per decenza – di fare la predica a coloro che ne sono vittime; - più in generale, sarebbe auspicabile che il
Ministero interpretasse finalmente il suo ruolo per quello che è e che gli
ordinamenti gli assegnano: quello di un soggetto di indirizzo e di una
struttura di servizio alle autonomie scolastiche. Come tale, responsabile in
primo luogo di assicurare le condizioni per il loro migliore funzionamento.
Quello cui assistiamo è invece l’abbandono sistematico delle responsabilità proprie
e la continua colpevolizzazione dei dirigenti scolastici, chiamati in causa ad
ogni piè sospinto per cose di cui non sono responsabili ed ora anche per quelle
cui – pur non essendone responsabili – cercano di porre in qualche modo
rimedio.