Oggi, 26 settembre 2024, presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito, è stato presentato il rapporto dell’OCSE “Education at a glance 2024” che descrive lo stato e lo sviluppo dei sistemi di istruzione nei paesi aderenti all’organizzazione internazionale (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Il rapporto per l’Italia è stato presentato dal ministro Valditara e dal direttore della ricerca dott. Andreas Schleicher.
Il ministro ha messo in evidenza l’importanza del rapporto per la comprensione delle dinamiche dei sistemi di istruzione dei 38 paesi e, soprattutto, per il confronto dei nostri dati nazionali con la media dei risultati OCSE. I dati disponibili, ha precisato, sono da riferirsi al 2022 ma va tenuto conto che nel frattempo l’esecutivo ha effettuato investimenti e interventi normativi che hanno già prodotto significativi miglioramenti in alcuni settori, come dimostrano i risultati rilevati da INVALSI nel 2024.
Dal rapporto emergono alcuni aspetti particolarmente positivi per il nostro Paese: dall’aumento della spesa sull’istruzione alla diminuzione dei NEET (con un tasso di discesa superiore a quello della media OCSE e con un esito particolarmente positivo per le donne), all’aumento della frequenza femminile nell’istruzione terziaria. Risultano, invece, ancora da migliorare i dati sull’acquisizione di competenze nelle discipline STEM, in modo particolare da parte delle donne, e resta da colmare il gap sulla frequenza degli asili nido. Su quest’ultimo tema, ha ricordato il ministro, si sta già intervenendo grazie agli investimenti del PNRR e a fondi nazionali stanziati dal Governo. Gli obiettivi sono la riduzione della differenza di 10 punti percentuali rispetto alla media OCSE e l’attenuazione del divario sociale che vede una frequenza maggiore da parte dei bambini più avvantaggiati (29% dalle famiglie meno abbienti, contro il 40% da famiglie benestanti), anche a causa della diminuzione dell’11% degli investimenti nel periodo 2015-2021, contro un aumento del 9% dei paesi OCSE.
Il numero di studenti per docente vede in vantaggio l’Italia che, a fronte della diminuzione progressiva dei primi, ha scelto di mantenere inalterati gli organici dei secondi. Questa scelta, tuttavia, si riflette sulle condizioni salariali. Infatti, per quanto riguarda la retribuzione dei docenti, il dato italiano è negativo (diminuzione del 6% nel periodo 2015-2022 dovuto al blocco salariale, rispetto a un aumento medio del 4% per i paesi OCSE; dato che non tiene però ancora conto degli aumenti contrattuali del 2024).
Il ministro ha infine ricordato alcuni aspetti positivi emersi dall’ultima rilevazione dell’INVALSI quali la riduzione progressiva dei tassi di dispersione esplicita e implicita e il miglioramento degli esiti nelle prove di italiano e matematica. Segnali chiari di una scuola che, pur con le ombre del passato, si apre a prospettive interessanti grazie agli investimenti e alle riforme recenti e a misure di supporto e sviluppo quali Agenda sud e Agenda Nord.
Il dott. Schleicher ha poi illustrato in dettaglio gli indicatori più importanti per il nostro Paese nel quadro generale dei paesi OCSE. In particolare, a fronte di un miglioramento dei tassi di istruzione per l’Italia, emerge la difficoltà nel completare gli studi secondari e terziari da parte della popolazione di nazionalità non italiana inserita nel nostro sistema e un persistente divario degli esiti nel settore liceale rispetto a quello tecnico-professionale. Preoccupa, inoltre, la scarsa propensione all’aggiornamento di competenze della popolazione adulta, indispensabile in considerazione dei rapidi cambiamenti in atto nel mondo del lavoro che individuano nelle competenze avanzate un fattore di protezione occupazionale. L’Italia, poi, spende meno della media OCSE in istruzione per individuo e, come in altri Paesi, l’investimento sul sociale ovvero sul presente penalizza quello sull’istruzione e sul futuro.
L’esame comparativo della situazione salariale dei docenti vede l’Italia in svantaggio, anche in considerazione del maggior numero di docenti per studente, con la conseguenza negativa dell’appiattimento professionale. Il rapporto evidenzia come in Italia le retribuzioni restino sostanzialmente invariate nel tempo durante l’attività del docente, diversamente da altri paesi, quali ad esempio la Corea del Sud, che scelgono di investire sul merito professionale: a fronte di opportunità di incarichi aggiuntivi e responsabilità che determinano differenziazione si ottiene una significativa progressione di carriera e stipendiale. Un tema, questo, caro all’ANP che da sempre sostiene convintamente la necessità di una vera carriera docente che valorizzi le competenze e le maggiori responsabilità nonché l’urgenza di superare il sistema attuale di reclutamento del personale. Tale sistema, infatti, non garantisce qualità e sta dimostrando sempre di più la sua inefficienza e le distorsioni derivanti dalle numerose e differenti misure di intervento degli ultimi anni. Così come avviene per altre organizzazioni, solo la chiamata diretta può a nostro avviso consentire alle scuole di selezionare efficacemente le competenze necessarie e al dirigente di rispondere dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi a lui assegnati. È ora di passare con decisione a una valorizzazione delle competenze dei docenti, uscendo dall’idea falsificatoria dell’egualitarismo della funzione, adottando una carriera riconosciuta e incrementi salariali consistenti legati ai livelli di impegno. Maggiori salari quindi, ma non a pioggia e connessi alla valutazione dell’operato del singolo.