Oggi, 28 aprile, si celebra la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro promossa dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). Si ritiene dunque che sia l’occasione giusta per condividere con i soci gli esiti di una recente battaglia condotta dall’ANP a tutela della salute e della sicurezza dei dirigenti scolastici. 

La vicenda si iscrive in una cornice nota: l’ambigua collocazione dei dirigenti scolastici all’interno del D.Lgs. n. 81/2008 dove figurano sia come datori di lavoro sia come lavoratori. Il che finisce, nei fatti, per privare i colleghi delle specifiche tutele dei lavoratori medesimi: su tutte, la valutazione dei rischi cui sono esposti, ivi compreso lo stress lavoro correlato, nonché l’apprezzamento circa la necessità o meno della sorveglianza sanitaria.  

Sospesa in un simile “limbo”, una dirigente scolastica, neo-madre, aveva presentato istanza all’Ispettorato territoriale del lavoro, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, lettere b) e c) del D.Lgs. n. 151/2001, al fine di ottenere l’interdizione dal lavoro fino al settimo mese dal parto ed era finita al centro di un rimpallo di competenze tra USR e Ispettorato stesso. Quest’ultimo, infatti, richiedeva di acquisire il parere del medico competente sulla compatibilità tra lo stato di allattamento e l’attività lavorativa. A una simile richiesta, sia il medico competente dell’USR, quale datore di lavoro, sia quello dell’istituzione scolastica di titolarità della dirigente hanno negato la propria competenza in merito: l’Ispettorato si determinava, quindi, a rigettare l’istanza di interdizione dal lavoro post partum 

A fronte di una simile assurda vicenda che ha negato alla dirigente, addirittura, la possibilità che venisse operata una valutazione di compatibilità tra la propria attività lavorativa e la condizione dell’allattamento, l’ANP ha deciso di intervenire sostenendone il ricorso innanzi al TAR per ottenere l’annullamento del provvedimento dell’Ispettorato. Il diniego è stato impugnato denunciando difetto di istruttoria e di motivazione, in particolare perché basato sulla mancata produzione del parere del medico competente. 

Il TAR Lazio, sezione V-ter, ha accolto il ricorso sancendo in modo chiaro che: 

  • spetta all’Ispettorato territoriale del lavoro valutare complessivamente le ‘condizioni ambientali’ di cui alla lettera b) del citato articolo 17, comma 2. Tale apprezzamento non è vincolato alle sole ‘mansioni’ svolte dalla lavoratrice ma “scaturisce dall’analisi complessiva delle caratteristiche del contesto ambientale in cui la lavoratrice è chiamata a effettuare la prestazione lavorativa”  
  • per l’adozione del provvedimento di interdizione post partum non è inderogabilmente prescritta la previa acquisizione del parere del medico competente; di conseguenza, la sua assenza non può, per sé sola, fondare il mancato rilascio del “provvedimento di tutela” richiesto dalla lavoratrice in puerperio. Tanto più – aggiunge il giudice amministrativo – che il parere “nella fattispecie in esame, non è stato prodotto dall’istante non per negligenza o mancanza di volontà (ovvero per altra ragione a essa imputabile), bensì a causa del conflitto negativo di competenza sollevato dall’USR Lazio e dal medico competente dell’Istituto scolastico”. 

All’esito di tale pronuncia, la collega ha finalmente ottenuto la concessione dell’interdizione post partum richiesta. 

Questa vittoria, fortemente voluta dall’ANP, segna un deciso passo avanti nella tutela della salute e della sicurezza dei dirigenti scolastici perché è l’inconfutabile affermazione della loro sottoposizione alle disposizioni previste per la generalità dei lavoratori e della irrilevanza, in tale ottica, delle peculiarità che ne caratterizzano la posizione. Il giudice amministrativo ha inoltre evidenziato che – nel caso di specie – il parere del medico competente non era stato prodotto a causa del conflitto negativo di competenza tra quello dell’USR e quello dell’istituzione scolastica e dunque, a maggior ragione, tale evenienza non poteva tradursi in un danno per la dirigente. 

L’ANP chiede adesso, anche alla luce della nostra recente indagine sullo stress lavoro correlato dei dirigenti, che la questione della tutela della salute e della sicurezza dei colleghi acquisisca la centralità che merita, con l’apertura del confronto già invocato nella riunione tenutasi presso il MIM lo scorso 2 aprile.  

Nessun dirigente deve essere più costretto a ricorrere al giudice per ottenere tutele consustanziali alla condizione di lavoratore. Lo status dirigenziale non può e non deve essere utilizzato come giustificazione per negare un diritto fondamentale. 

Continueremo a insistere su questo punto cruciale, ritenendolo essenziale per la qualifica dirigenziale.