E così, dopo annunci, presentazioni multimediali, consultazioni on line durate mesi, audizioni delle forze sociali, confronti interni alla maggioranza, dibattiti in sede parlamentare, e chi sa ancora cosa, il disegno di legge sulla Buona Scuola sembra giunto al capolinea.
Di fronte alla valanga di emendamenti presentati in Senato – e soprattutto di fronte agli scricchiolii della sua stessa maggioranza ed ai deludenti risultati elettorali – il decisore politico sembra aver preso una posizione forte, originale ed innovativa: fermi tutti, apriamo un’altra consultazione.
Quante volte ci è stata “narrata” nell’ultimo anno e mezzo la storia del cambiamento di verso della politica? Quante volte ci è stato detto che, dopo il confronto – rapido e senza mediazioni – sarebbero venuti altrettanto rapidi la decisione ed il cambiamento radicale? Ed invece siamo al ritorno in forze delle logiche più viete e consunte, della politica parolaia ed inconcludente, capace solo di estenuarsi in discussioni senza fine, che non producono altro che la stagnazione ed il conflitto fine a se stesso.
Sulla Buona Scuola c’è già stato un documento programmatico, molto promettente, presentato a settembre e sottoposto ad una mega-consultazione pubblica (si è parlato di un milione e ottocentomila interventi). Da quella consultazione è uscito un disegno di legge, già meno coraggioso ed innovativo, ma comunque apprezzabile (e lo abbiamo pubblicamente apprezzato, malgrado alcune riserve). Il DdL è stato fatto oggetto, in sede di esame in Commissione alla Camera, di decine di audizioni con una pletora di sigle, portatrici dei più svariati interessi. Il risultato approdato in Aula era pressoché irriconoscibile, amputato di buona parte dei passaggi più positivi e reso illeggibile nella forma: ma neppur questo è bastato, perché l’Assemblea lo ha ulteriormente modificato e peggiorato.
Ora siamo al Senato ed a tremila emendamenti: di fronte ai quali il “decisore” politico – quanta ironia in quel nome! – ha deciso di non decidere. Si va alla Leopolda e ad una consultazione con tutti quelli che riterranno di avere qualcosa da dire: ma cosa mai si potrà dire ancora (e in un solo giorno!) che non sia stato già detto e ridetto in quasi dieci mesi ed in tutte le sedi possibili?
Ovviamente, si tratta di un espediente per non decidere e per rinviare: come la vecchia politica aveva fatto tante volte. C’era bisogno di un “rottamatore” e di un “riformatore”, per di più “decisionista”, per arrivare a tanto?
Il Disegno di Legge, per come era stato stravolto, non ci piaceva più di tanto e lo consideravamo solo come un male minore. Non saremo noi a spargere lacrime sul suo destino. Ma se tutto ritorna in discussione e se questo perpetuo gioco dell’oca torna alla casella di partenza, allora chiediamo veramente che si azzeri tutto e si torni al testo originario, quello che era entrato in discussione alla Camera, recuperando se possibile anche alcuni degli aspetti più innovativi del documento programmatico di settembre, come un diverso rapporto fra progressione economica per anzianità e progressione legata alla valutazione.
Se il rinvio di un anno è un prezzo pesante che il paese sta ancora una volta per pagare all’incapacità di decidere, che almeno si utilizzi il tempo per restituire al disegno riformatore quella coerenza e quella capacità di incidere che si sono affievoliti lungo il percorso. La Buona Scuola non può ridursi all’assunzione di centomila insegnanti, senza un progetto per il loro utilizzo e senza le leve per gestirli. E, soprattutto, senza che alla guida di questo nuovo disegno complessivo vi siano dei dirigenti in possesso degli strumenti necessari e pienamente legittimati anche dalla loro appartenenza al ruolo unico della dirigenza statale.